Difficoltà scolastiche: cosa ci raccontano le statistiche (e perché non dobbiamo ignorarle)
Difficoltà scolastiche: cosa ci raccontano le statistiche (e perché non dobbiamo ignorarle)

Negli ultimi anni parlare di scuola significa parlare di sfide. Non parliamo solo di compiti e interrogazioni, ma di ansia, pressione, diagnosi in aumento e ragazzi che, troppo spesso, si sentono inadeguati. Dietro i numeri ci sono storie, visi, emozioni. Oggi proviamo a capire insieme cosa dicono le ultime statistiche e perché è importante fermarsi a riflettere.

Sempre più studenti con bisogni speciali

I dati ci dicono che nell’anno scolastico 2023-2024 in Italia ci sono stati circa 359.000 alunni con disabilità. Un numero in crescita (+6% in un solo anno), che ci racconta di una scuola più inclusiva, ma anche di ragazzi che hanno bisogno di sostegno vero, non solo sulla carta.
Le difficoltà più comuni? Disabilità intellettive, disturbi dello sviluppo e disturbi dell’apprendimento come dislessia e ADHD.
Questo significa che non possiamo più pensare a una scuola “uguale per tutti”: ogni bambino, ogni ragazzo ha il diritto di avere il suo spazio, i suoi tempi, le sue risorse.

DSA: diagnosi in aumento, ma cosa c’è dietro?

Negli ultimi dieci anni le diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono cresciute a ritmi incredibili:

  • Dislessia +111%,

  • Disortografia +219%,

  • Discalculia +226%.

Da una parte è un bene: significa che oggi riusciamo a riconoscere difficoltà che un tempo venivano scambiate per “pigrizia” o “scarsa intelligenza”. Dall’altra, questo aumento ci fa riflettere: stiamo davvero dando a questi ragazzi gli strumenti per affrontare la scuola senza sentirsi “sbagliati”? O ci limitiamo a una diagnosi senza un vero percorso di supporto emotivo?

Dispersione scolastica: quando la scuola perde i ragazzi (o i ragazzi perdono la scuola)

Oltre il 15% dei ragazzi lascia la scuola prima del diploma. In alcune regioni del Sud, questa percentuale arriva quasi al 30%. Dietro questi numeri non ci sono solo problemi economici, ma anche sfiducia, ansia, senso di inadeguatezza.
Quando un adolescente abbandona la scuola, spesso è perché non ha trovato uno spazio in cui sentirsi accolto, ascoltato. Questo ci ricorda che il benessere psicologico non è un optional, ma un pilastro per la crescita.

Il Covid non è solo una pagina chiusa: i suoi effetti li vediamo ancora oggi. Resta di fatto una ferita ancora aperta. 23Anni di didattica a distanza hanno lasciato segni nelle relazioni, nella motivazione, nell’autostima. Le competenze in italiano e matematica sono calate, ma ancora più preoccupante è il senso di solitudine che tanti ragazzi raccontano.
Quanti studenti hanno perso fiducia nelle proprie capacità? Quanti si sono chiusi in sé stessi?

Stress e ansia: il prezzo invisibile della scuola

Uno studio recente dice che 1 studente su 3 vive la scuola con forte stress. Tra le ragazze quindicenni questa percentuale sale quasi al 50%.
Compiti, aspettative, confronti continui: per molti la scuola è diventata un campo di gara, non un luogo di crescita. E l’uso intensivo di smartphone e social media (in media 3-6 ore al giorno) non aiuta: più connessione digitale, meno equilibrio emotivo.

Cosa possiamo fare noi adulti?

I dati fanno impressione, ma non servono a spaventarci: servono a ricordarci che i ragazzi hanno bisogno di noi. E non di perfezione, ma di ascolto.
Ecco qualche spunto:

  • Parliamo con loro, non solo dei voti. Chiediamo: “Come ti senti?” e non solo “Com’è andata oggi a scuola?”.

  • Creiamo ponti, non muri: scuola, famiglia e professionisti devono collaborare.

  • Aiutiamoli a gestire ansia e stress: strategie semplici, routine sane, ma anche percorsi di sostegno quando serve.

  • Interveniamo presto: riconoscere i segnali è il modo migliore per evitare che diventino problemi più grandi.

Dietro ogni difficoltà c’è un ragazzo che non vuole sentirsi “sbagliato”, che desidera solo farcela, essere accettato. La scuola dovrebbe essere il posto dove impariamo non solo le materie, ma anche chi siamo.
Come psicologi, genitori, educatori, possiamo fare la differenza. Ogni piccolo gesto conta: una parola di incoraggiamento, un ascolto senza giudizio, una mano tesa al momento giusto.